ACQUA_prove di scrittura

 

In questo testo uno sconosciuto, del quale non ci è dato sapere il nome, racconta cosa il lago, il mare, l’oceano o comunque lo si voglia chiamare rappresenti per lui e cosa dovrebbe rappresentare per molte persone che gli mancano di rispetto.

Ogni volta che ti vedo, il primo istinto è di tuffarmi e di lasciarmi trasportare dalla tua immensità. Ti ho sempre rispettato, ti ho sempre amato, ti ho sempre temuto, sei immobile, sempre lì, ma sei sempre in movimento, non ti fermi mai, inghiotti tutto quello che ti va di inghiottire, senza preavviso, senza un perché, solo perché ti va, tu puoi fare tutto ciò che vuoi, non chiedi permesso a nessuno. Passeggio spesso e volentieri, estate e inverno ai tuoi margini, ti parlo, a volte come si parla ad un amico, a volte ad un padre, ad entrambi con rispetto, adoro il tuo profumo ed i frutti che ci dai, dai tuoi abissi, sei stato e sei fonte di sopravvivenza per l’essere umano, ancora prima che l’essere umano esistesse. Io che ti parlo, sono come una piccola particella nell’immensità del mondo, ma tu mi ascolti, paziente come un vecchio nonno che ascolta il nipotino dire la centesima volta la stessa cosa, ma è felice di farlo. Io ti chiedo scusa vecchio mio e lo faccio per tutti, per tutte le angherie che devi sopportare da noi, cosiddetti esseri intelligenti. Ma ti domando, cosa c’è di intelligente nell’inquinarti, nel rovinarti, nel distruggere le tue spiagge meravigliose, le tue scogliere maestose, nel gettare al tuo interno plastica, idrocarburi e scorie chimiche radioattive. Gettare la morte nella vita. Questo facciamo e continuiamo a farlo sempre di più. Mi basta pensarti, per sentire il tuo profumo, sentire la sabbia sotto i piedi nel bagnasciuga, per avere la sensazione di fare parte di te. Hai sempre fatto parte della mia vita, sin da bambino, sino da quando mio padremi portò con sé, sulle sue spalle, avevo poco più di un anno, e mai mi sono trovato così a mio agio nella mia vita. Sì me lo ricordo, me lo ricordo davvero, avevo poco più di un anno ma me lo ricordo, ricordo la sicurezza che mi dava stare sulle spalle di mio padre, e la sicurezza che mi dava stare dentro di te. Sapevo che mi avresti potuto inghiottire in un attimo, sapevo che non l’avresti fatto. Non so perché, ma lo sapevo. D’altronde quando siamo nella pancia della mamma, felici e protetti, siamo in acqua, mi viene facile pensare che l’acqua sia il nostro ambiente naturale. La vita è nata dall’acqua, da te, dal mare. E come hai donato la vita a questo pianeta, ciclicamente la togli, e non mi riferisco alla presunzione di qualche essere umano che, stupidamente, ti sfida, ma parlo della tua ira furibonda, di quando scateni la tua forza immensa contro la terra e contro di noi. Già, noi. Ripensandoci anche lì è colpa nostra in un certo senso, anche lì ci siamo avvicinati troppo, costruendo le nostre case troppo vicine a te, non siamo in grado di rispettarti, pochi di noi …, e sinceramente, credo che avendoci dato la vita, hai anche il diritto di togliercela. Come siamo arrivati, ce ne andiamo, tu c’eri e resterai, prima e dopo di noi. L’essere umano è stato in grado di creare opere d’arte meravigliose come di rovinare ciò che la natura gli ha donato. Siamo stupidi, lo so, l’avidità umana credo non abbia limiti, roviniamo le tue forme con costruzioni che violentano la tua meravigliosa costa, la tua sabbia, il tuo paesaggio, ma ti prego di credermi che a volte lo facciamo per eccesso di amore, cercando di rispettare le forme che ti sei costruito nelle centinaia di migliaia di anni che sei stato qua, a vedere passare tutto, non solo il genere umano, ultima maglia di una catena che tu hai visto integralmente. Il poterti stare vicino, il potermi svegliare e guardarti, salutarti, e ringraziarti…. Forse anche io sono avido, ti vorrei tutti i giorni con me, vorrei poter vivere di fronte a te, nutrendomi dei tuoi frutti, del tuo calore, della tua immensità, godendo di un paesaggio che ai più potrà sembrare monotono, poveretti, non riescono a vedere che non sei mai uguale e mai lo sarai, i tuoi movimenti saranno sempre diversi, simili, ma diversi. La pace che mi dona stare con te ad ascoltarti, non la trovo da nessuna parte. Grazie, grazie amico mio, scusami ancora per l’ennesima volta che ho rubato il tuo tempo, ma tu sei lì, paziente come un nonno, e mi ascolti sempre. In fondo sai che il mio rispetto per te è immenso. Se tutti fossero come me? Beh, non ti credere, non sono poi quel granché come persona, i miei errori li ho fatti, e tanti altri ne farò. Se tutti fossero come me comunque, tu saresti sicuramente meno deturpato e meno inquinato, la gente ti rispetterebbe ed imparerebbe a non usarti come un enorme pattumiera. Eh sì, facciamo schifo, ma qualcuno si salva, lo sai, lo vedi, vedi tutto, per fortuna non puoi parlare, anche se a volte lo fai, ma qui ti chiamano assassino, capisci, chiamano assassino te, che ci hai dato la vita. Ti saluto amico mio, alla prossima passeggiata, al prossimo sfogo, alla prossima chiacchierata.

Fabio Loddo 5AE

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