PROCESSO IN CORTE DI ASSISE A VARESE
Che emozione! Martedì 19 dicembre 2017, per la prima volta per ciascuno di noi, siamo entrati nell’aula della Corte di Assise di Varese, accompagnati dalla nostra professoressa di diritto Sonnessa.
Il processo riguarda l’omicidio di un studentessa universitaria, Lidia Macchi, avvenuto a Cittiglio nel lontano 1987 noi non eravamo ancora nati…ed è a carico di un unico imputato: Stefano Binda, un amico della ragazza, accusato di essere l’autore del gesto efferato.
Siamo arrivati verso le nove e ancora non c’era nessuno, così siamo andati a vedere l’attrezzo della stenotipia (che è la tecnica per scrivere in stenografia, ma a macchina, grazie alla quale la velocità di scrittura raggiunge quella del discorso parlato). Come si può vedere dalla foto è una tastiera con una ventina di tasti che vanno premuti a gruppo. Sullo sfondo dell’aula a caratteri cubitali campeggiava la scritta: “ LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI” un monito per i giudici!
La nostra prof. ha chiesto al Presidente della Corte di Assise, dott. Muscato, se potevamo sederci nella zona riservata agli avvocati e così ci siamo accomodati dietro ad un lungo bancone dotato di microfoni. Non deve essere usuale una scolaresca in un’aula di giustizia, infatti la nostra presenza ha incuriosito la pubblica accusa nella persona del Procuratore Generale della Repubblica di Milano, dott.ssa Gemma Gualdi, che si è avvicinata simpaticamente e ci ha spiegato per sommi capi come il processo a cui avremmo a breve assistito sia veramente singolare. Ci ha parlato di situazioni anomale che si sono verificate a Varese nel corso delle indagini, al punto che la Procura di Milano ha avocato a sè il processo! Ci ha spiegato che il processo era indiziario, in quanto le eventuali prove, visto il trascorrere del tempo, erano state perse e all’epoca non erano ancora state scoperte le potenzialità del DNA, la molecola depositaria delle informazioni genetiche di ognuno di noi.
Poi è entrato in manette l’imputato e tutti eravamo in estremo imbarazzo, è stato fatto accomodare libero vicino ai suoi due difensori. Da ultimo, preannunciata dal suono di una campanella, è entrata la Corte di Assise composta da due giudici togati e sei popolari, riconoscibili per la fascia del nostro tricolore, oltre ai giudici supplenti.
Era presente anche la parte civile nella persona della madre di Lidia, composta nel suo dolore che ci ha suscitato immediata empatia per la sua perseveranza nel cercare, dopo più di trent’ anni, giustizia.
Ci è sembrato di far parte di un film perché l’ambiente si è subito scaldato con gli interventi dei difensori e del Procuratore Generale: non immaginavamo che la dialettica processuale potesse essere così accesa! Ma il vero colpo di scena è stato quando una testimone, abbastanza reticente, ha nominato una ragazza, compagna di università, che le aveva confidato di essere stata all’epoca avvicinata da un ragazzo che le aveva confidato di essere l’assassino di Lidia. Il Procuratore Generale ha chiesto che la ragazza in questione venisse immediatamente sentita ed è stata inviata una volante a prenderla mentre il processo veniva sospeso. Solo più tardi abbiamo capito che la pattuglia si era recata a Mantova! Questa forzata attesa ci ha però permesso di ingurgitare una pizza, alla massima velocità pur di non perdere l’arrivo della testimone.
La signora è apparsa molto provata e schiva, alle domande incalzanti faceva seguire lunghi silenzi e si è anche contraddetta in un paio di occasioni. Eravamo sbalorditi! E’ vero sono passati molti anni, ma la testimone sembrava volesse proteggere qualcuno ed è apparsa molto spaventata. Ha detto di sentirsi in “collegamento” spirituale con Lidia pur non avendola mai conosciuta!
A quel punto purtroppo si erano fatte le quattro del pomeriggio e siamo dovuti rientrare. Il processo è stato rinviato al 16 gennaio, ci piacerebbe molto seguirlo in queste ultime battute, chissà se il Preside e i nostri insegnanti ce lo permetteranno….
5A AFM